«Non si capisce per quale motivo un insegnante debba versare il 22% del proprio reddito in imposte e Amazon zero», questa è la frase pronunciata dal Presidente americano Joe Biden il 31 marzo scorso, che di fatto ha acceso i riflettori sulle multinazionali che versano gli utili nei paradisi fiscali e accumulano patrimoni ingenti senza contribuire alla prosperità dei Paesi in cui sono stati realizzati.
Secondo uno studio condotto nel 2017 dal «Congressional Research Service» il 43% dei profitti aziendali americani, infatti, viene parcheggiato principalmente in cinque Paesi: Olanda, Lussemburgo, Svizzera, Irlanda, Bermuda. Ma anche ad Hong Kong, Cayman Islands, Mauritius, Panama, Costa Rica, British Virgin Islands, Channel Islands, Barbados, Cipro, Bahamas, Bahrain, Gibilterra, Malta e Antille Olandesi.
Il piano di Biden è quello di convincere i Paesi più grandi a tassare, tutti nella stessa misura, gli utili realizzati all’estero dalle proprie compagnie, adottando la «global minimum tax» per cancellare il dumping fiscale.
Ma questo dovrebbe comportare, per alcuni Paesi, la cancellazione della web tax da poco introdotta anche in Italia.
E non è cosa di poco conto.