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MENO 99 MILA

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99 mila è un numero impressionante, ancor più se parliamo di persone, con un nome e un cognome.

99 mila storie.

99 mila vite umane.
99 mila donne.
E’ il numero pubblicato recentemente dall’ISTAT: su 101 mila unità che hanno perso il lavoro, solo nel mese di dicembre 2020, 99mila sono donne, in pratica la quasi totalità.
E’ ormai un fatto acclarato che la pandemia ha acuito le disuguaglianze, economiche, sociali, culturali, ma soprattutto ha allargato ancora di più la forbice delle disparità di genere.
E’ un coltello che affonda in una piaga antica e persistente, perché i dati sono sempre stati poco confortanti, ma ora sono notevolmente peggiorati.
I numeri drammatici che riguardano le donne sono dovuti soprattutto alla tipologia di lavoro in cui queste ultime sono maggiormente occupate: servizi, lavoro domestico, commercio, ristorazione e turismo, cioè i settori più colpiti dalla crisi.
Inoltre le donne hanno spesso contratti precari e part time e quindi, per i datori di lavoro, sono quelle più facilmente sacrificabili.
Ancora troppo poche le donne in posizioni apicali, quelle più stabili, solide e sicure, cioè non a rischio licenziamento.
La pandemia, quindi, diventa anche questione di genere, con conseguenze che molto probabilmente sopravvivranno più a lungo del virus stesso.
Spesso durante questa lunga e difficile crisi sanitaria abbiamo sentito ripetere la frase “siamo tutti sulla stessa barca”.
Ecco, no. Non è così. Non siamo tutti sulla stessa barca, ma siamo tutti nella stessa maledetta tempesta, ognuno con una imbarcazione diversa. Chi su una nave da crociera, confortevole, sicura e munita di scialuppe di salvataggio, e chi su una zattera, esposta ad ogni pericolo.
Mettere tutti in sicurezza è arduo, ma necessario.
E quando torneremo in porto, alla fine della tempesta, conteremo i dispersi e valuteremo i danni. Quello che è certo è che non ripartiremo da zero, ma da meno 99mila.
Leonilde Gambetti

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