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PEGGY GUGGENHEIM (26 Agosto 1989, 23 Dicembre 1979). La signora del Modernismo

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Devo salvare la mia collezione che, forse, è ancora più importante della mia stessa vita”. Impossibile racchiudere in una frase l’essenza di una vita intera, specie se a pronunciarla è stata una donna straordinaria come Marguerite Guggenheim – conosciuta al mondo come Peggy, nomignolo attribuitole dall’adorato padre – figura chiave per lo sviluppo dell’arte nel ventesimo secolo. Eppure in queste parole si riesce a cogliere il senso ultimo e profondo della sua esistenza: una vita dedicata all’arte, in cui il privato si intreccia in modo inestricabile alla dimensione pubblica di quegli anni.

Collezionista, mecenate, gallerista: è a lei che si deve la diffusione dell’arte europea del ventesimo secolo negli Stati Uniti, e la scoperta di artisti come Pollock, che da subito considerò “il più grande pittore dopo Picasso”. Riferendosi a lei nella sua veste di mecenate, lo storico d’arte Alfred Barr scrive:“Un mecenate non è semplicemente un collezionista che raccoglie opere d’arte per il proprio piacere, o un filantropo che aiuta gli artisti o fonda un museo pubblico, ma una persona che sente di avere una responsabilità verso l’arte e gli artisti e ha i mezzi e la volontà per agire in conformità a questo sentimento”. Peggy G. è stata una personalità fuori dagli schemi, eccentrica e stravagante, con una vita segnata da tormenti e successi. Una vita che racchiude in sé tantissime vite, grazie ad un’ incredibile capacità di reinventarsi pur rimanendo sempre fedele alla sua unica grande vocazione: proteggere l’arte del suo tempo.

Nata e cresciuta a New York, è l’erede di due potenti dinastie di ceppo ebraico, i Guggenheim magnati del rame e dell’acciaio, e i Seligman, una delle più importanti famiglie di banchieri americani, da sempre impegnati in iniziative filantropiche e in ambito artistico. Un’infanzia dorata, come lei stessa la definisce, segnata dalla prematura morte del padre mentre si trovava in viaggio sul transatlantico Titanic. Fu un vero e proprio shock per la piccola Peggy che all’epoca aveva solo 14 anni. Sarà lo zio Solomon Robert Guggeinheim, appassionato d’arte e fondatore nel 1937 dell’omonima Fondazione ad occuparsi della sua educazione e ad aiutare economicamente la “parente povera” come lei stessa si sentiva dopo che il padre in vita aveva dilapidato gran parte delle sue fortune.

Eppure è proprio in questo ambiente familiare estremamente protettivo che una giovanissima Peggy sente il bisogno di prendere la propria strada; inizia a intraprendere numerosi viaggi in Europa e negli Stati Uniti, che la spingono fino alle cascate del Niagara e nei pressi della frontiera messicana. Il bisogno di emanciparsi economicamente, nonostante la cospicua eredità ricevuta, la portano a lavorare come contabile presso la Sunwise Turn, libreria d’avanguardia del cugino Harold Loeb. È qui che conosce il pittore dadaista Laurence Vail, il suo “amore eterno”, che sposerà e con cui avrà due figli, Sindbad e Pegeen.

Seguiranno gli anni folli di Parigi, città in cui si trasferisce insieme al marito. È grazie a lui che nella Ville Lumiere comincia ad entrare in contatto con i più importanti circoli artistici e letterari dell’epoca. Stringe amicizie con i primi artisti dell’avanguardia europea, alcuni dei quali emigrati americani: Man Ray, per cui poserà, Constantin Brâncuși, e Marcel Duchamp, quest’ultimo divenuto suo grande amico e grazie al quale scoprirà la sua passione per l’arte; “A quei tempi non sapevo nulla di arte moderna- ricorda in un’intervista – e non avrei potuto realizzare tutto questo senza di lui. Ignoravo persino la differenza tra arte astratta e arte surrealista”. L’anno di svolta è il 1938 quando a Londra apre insieme a Jean Cocteau, una galleria d’arte, la Guggeinheim Jeune, che avrebbe ospitato le opere di artisti come Kandinsky, Picasso, Dalì, Duchamp, Boccioni, trasformandola di fatto in una delle più grandi sostenitrici dell’avanguardia europea. Il suo sogno è dare vita a un grande museo d’arte moderna.

Nel 1941 i tedeschi invadono la Francia e per lei, americana di origini ebraiche è troppo pericoloso restare a Parigi. Salvare la vita, per Peggy, significa salvare ciò che le dà senso: la sua collezione di “arte degenerata”. Dichiarati come effetti personali, vengono fatte imbarcare intere casse contenenti   Klee, Picabia, Severini, Kandinsky, Miro, De Chirico, Dalì. Solo a quel punto fa ritorno a New York insieme all’ex marito Vail, ai figli e l’artista surrealista Marx Ernst, che diverrà a breve il suo secondo marito. Nel 1942 incorona il suo sogno: nasce a New York la sua galleria museo: l’Art of this Century, in cui vi espone la propria collezione di arte surrealista, astratta e cubista. Organizza mostre temporanee di artisti americani e europei. Grazie all’attività di gallerista di Peggy, Pollock e altri artisti americani entrano in contatto con l’avanguardia europea.

Alla fine della guerra, decide di tornare in Europa dove per la prima volta la sua collezione viene esposta alla biennale di Venezia del 1948. Una città che eleggerà a sua definitiva dimora perché come lei stessa scrisse, “io appartengo a Venezia, la mia grande immensa passione, il mio grande amore. Il luogo dove ho sempre desiderato vivere”. È così che compra Palazzo Venier dei Leoni dove trasferisce lei e la sua intera collezione. È qui che l’”ultima dogaressa” trascorrerà il resto della sua vita in compagnia dei suoi amatissimi cani. Negli anni sessanta decide di non collezionare più opere d’arte perché “sempre più delusa dalle opere contemporanee” era convinta che fossimo entrati in “un’era di anti arte, in cui nessuno fa più nulla di originale e si accontenta di copiare quello che di valido era stato fatto nel passato”. Peggy ha nostalgia per un’epoca passata a cui si sente di appartenere, tanto da arrivare alla conclusione che “l’era della pittura sia terminata”. Nonostante questo è lei stessa a dichiarare: “Non posso essere gelosa del passato. Solo del futuro. Invecchiare è orribile. È una delle cose peggiori che possano capitare. Ma credo di aver ottenuto ciò che volevo ed è stato un successo”.

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