Il “Drago di Vaia” realizzato a Lavarone, sull’Alpe Cimbra, dall’artista Marco Martalar era un simbolo di rinascita e di speranza. Era anche un monito: avere cura dell’ambiente.
Realizzato in memoria della tempesta del 2018 in cui pioggia e raffiche di vento in poche ore spazzarono via 16 milioni gli alberi, il Drago era diventato un guardiano muto eppure eloquente della montagna e della natura.
Era il più grande drago in legno al mondo, alto sei metri e lungo sette, costruito con 3.000 viti e 2.000 scarti di arbusti recuperati dalla distruzione della foresta.
Un atto vandalico lo ha ridotto in cenere. Ma se i vandali pensano di aver sconfitto il Drago di Vaia sono degli sciocchi, oltre che dei criminali.
Perché se all’inizio il Drago era una splendida opera d’arte nata dalla mente di un artista, pian piano la scultura si è radicata profondamente nell’immaginario collettivo degli abitanti della montagna e nell’animo dei numerosi turisti che si recavano a visitarla, trasformandosi in un simbolo potente di rigenerazione e attenzione all’ambiente. Era diventata infatti il punto di partenza della Lavarone Green Land, un percorso e un progetto per la valorizzazione del territorio dell’Alpe Cimbra.
Ora è potente la memoria collettiva che si sta mobilitando per far rinascere il Drago, e sarà come una fenice che si rigenera dalle proprie ceneri.
Non lo hanno distrutto, lo hanno reso immortale. È già partita la raccolta fondi per ricreare l’opera d’arte. Perché come dice l’artista Martalarl’arte non ha confini e i draghi non si possono uccidere con le fiamme”.